Risotto alle conifere

Una ricetta di Valeria Mosca

Wood*ing – Wild Food Lab, creato da Valeria nel 2010, è un laboratorio di ricerca e sperimentazione sull’utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione e la nutrizione umana. Da diversi anni studiano, raccolgono, catalogano, analizzano e sperimentano vegetali selvatici o parti di essi ritenuti commestibili.

“Il cibo selvatico, disponibile nei nostri ecosistemi, è un’importante risorsa alimentare e culturale esistente a impatto quasi nullo sul pianeta”.

Tutto questo significa avere nuovi ingredienti, nuovi sapori a disposizione anche per la nostra cucina di casa. Il risotto alle conifere che Valeria ha cucinato per noi è la dimostrazione.

L’attività non è solo di ricerca, il laboratorio propone al pubblico svariate attività: corsi di cucina selvatica, corsi di foraging, di conservazione e fermentazione degli alimenti. Inoltre Wood*ing fa consulenze professionali al settore alimentare e cosmetico, attività divulgative di degustazione legate sia alla gastronomia che alla miscelazione.
Se ti abbiamo incuriosito abbastanza non ti resta che cercare la data del prossimo corso, incontrare Valeria (ecco il suo profilo Instagram) e scoprire questo mondo pazzesco.

Ingredienti per 4 persone

320 g riso carnaroli
250 g formaggio latteria
abete rosso
cipresso con frutti
kuzu
1 limone
olio di vinacciolo
sale

PROCEDIMENTO

Per prima cosa prepara il brodo aromatizzato alle conifere. Metti a bollire abbondante acqua salata e aggiungi una manciata di rametti di cipresso, una manciata di abete rosso e 3 o 4 gazzozzole (frutti del cipresso) tagliate a metà.
Nel frattempo prepara la salsa di abete. Metti nel bicchiere del frullatore circa tre cucchiai di aghi di abete rosso, aggiungi 170 ml di acqua minerale e frulla fino ad ottenere un composto abbastanza omogeneo. Passa il liquido ottenuto attraverso un colino a maglia stretta in modo di separare gli agli.
Versa in un piccolo pentolino mezzo bicchiere di brodo e sciogli 5 grammi di kuzu (un addensante completamente naturale e vegetale) mescolando con una frusta finché il composto non si addensa.
Aggiungi alla gelatina ottenuta il succo di pino fino ad ottenere la consistenza desiderata, Valeria ha aggiunto circa 8 cucchiai. Aggiusta il sapore con un pizzico di sale e un goccio di succo di limone.
Ora puoi iniziare con la cottura del risotto. Tosta il riso con l’olio di vinacciolo e porta a cottura aggiungendo il brodo di conifere poco a poco. Una volta al dente manteca con il formaggio tagliato a cubetti e un poco di succo di abete. Il risotto deve avere una consistenza morbida quindi se necessario aggiungi ancora un goccio di brodo.
Servi il risotto in un piatto piano aggiungendo qualche goccia della salsa preparata. I tuoi ospiti rimarranno a bocca aperta.

***

Ovviamente il foraging non è un’attività da improvvisare. Ecco i consigli che Valeria ha voluto condividere con tutti noi per riconoscere gli ingredienti della sua ricetta.
“Ecco alcuni consigli per riconoscere correttamente cipresso e abete rosso. Abete rosso: è il classico albero di Natale con un portamento a V rovesciata, gli aghi sono quadrangolari e pungenti di colore verde intenso e sono distribuiti sui rametti a spazzola (cioè su tutta la superficie). La pigna guarda sempre verso il basso e cade a terra per la dispersione dei semi intera. La corteccia è marrone rossastra e si sfalda in forme discoidali. Il suo sosia tossico si chiama tasso e a differenza dell’abete rosso ha aghi piatti e distribuiti a pettine (cioè solo sui lati dei rami). Inoltre non produce pigne ma piccole bacche rosse e la corteccia si sfalda a forme verticali. Il cipresso che abbiamo utilizzato è il cipresso autoctono italiano cupressus sempervirens, ha un portamento eretto e si sviluppa in verticale. Le foglie sono squamate così come i frutti che rimangono sull’albero per molti mesi passando da un colore verde chiaro a marrone che per l’utilizzo devono essere raccolti quando sono ancora freschi. Non va confuso con la tuia che invece non è commestibile e ha un portamento più tondeggiante e frutti molto più piccoli. Questa pianta è tossica perché contiene turione e non è assolutamente commestibile.

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